23 Dic 2022

Le donne e l’inverno afgano

Donne in piazza contro il bando dalle università imposto dai Talebani. A un anno e mezzo dal loro ritorno a Kabul, il paese è allo sbando e in preda ad una crisi umanitaria devastante

Donne in piazza contro il bando dalle università imposto dai Talebani. A un anno e mezzo dal loro ritorno a Kabul, il paese è allo sbando e in preda ad una crisi umanitaria devastante

Nell’Afghanistan stretto nella morsa del freddo e della fame, l’ultima decisione del governo talebano ha il sapore amaro di una punizione arbitraria: vietare l’università alle donne dopo aver sospeso l’istruzione per le studentesse dalle scuole secondarie in su. A un anno e mezzo dalla presa di Kabul, i Talebani governano un paese allo sbando, isolato internazionalmente, in piena crisi alimentare e sanitaria, in cui la repressione e la violazione dei diritti di donne e ragazze, completamente escluse dalla vita pubblica e private dell’istruzione, è sistematica. Nel paese le ragazze possono frequentare la scuola solo fino alla prima media, ma in alcune città molte bambine vengono rimandate a casa dalle scuole elementari perché le insegnanti donne hanno perso il lavoro. Un regime di ‘apartheid di genere’ come lo ha definito il Parlamento europeo in cui alle cittadine è vietato entrare nei parchi, nelle palestre e nei bagni pubblici, viaggiare senza parenti maschi al seguito, obbligate a coprirsi dalla testa ai piedi per uscire di casa. Ieri, cinque donne e tre giornalisti presenti ad una manifestazione a Kabul contro la chiusura degli atenei sono state arrestate e prese a bastonate.

Un paese alla fame?

Tutto ciò accade in un paese in cui la crisi alimentare ha raggiunto livelli senza precedenti: secondo l’Onu circa 23 milioni di persone – il 55% della popolazione afgana – è a rischio insufficienza alimentare: una vera e propria crisi umanitaria in un paese che conta 3,5 milioni di sfollati interni. Una recente inchiesta della Bbc mette in luce una situazione ancor più drammatica: tra gli abitanti, raccontano i giornalisti, la pratica della vendita di organi “si è fatta più diffusa” e tra questi ci sono la mamma di una bambina costretta a vendere un rene sette mesi fa per ripagare un debito per un gregge di pecore morte a causa della crisi. Ma la cifra di tremila dollari, ottenuta dalla vendita, non è bastata per tirare avanti: “Ora siamo costretti a vendere nostra figlia di due anni, le persone da cui abbiamo preso il prestito ci tartassano ogni giorno”, racconta la donna, mentre per il marito “è meglio morire che vivere così”. Nell’inchiesta della Bbc emerge poi la pratica molto diffusa di somministrare oppiacei ai bambini per farli addormentare e non fargli sentire la fame. “Una pasticca – spiega un intervistato – costa meno di un pezzo di pane”. E negli ospedali – riferisce l’ong Medici Senza Frontiere (MSF) – quest’anno il tasso di ricoveri per il trattamento della malnutrizione è aumentato del 47%.

Critiche dal mondo islamico?

La decisione di vietare alle donne l’accesso alle università ha scatenato una lunga scia di critiche e proteste a livello internazionale. A quelle prevedibili delle istituzioni europee e dell’amministrazione americana, si sono aggiunte reazioni insolitamente dure anche da parte di paesi a maggioranza musulmana. È il caso di Turchia e Arabia Saudita, con quest’ultima che si è detta “scioccata e delusa” dalla decisione mentre il ministro degli Esteri turco Mevlut Cavusoglu ha definito la messa al bando “inumana e anti-islamica”. Parlando in una conferenza stampa congiunta con il suo omologo yemenita, Cavusoglu ha esortato i Talebani a revocare la decisione. “Che male c’è nell’educazione delle donne? Che danno fa all’Afghanistan?”, chiede Cavusoglu. “C’è una spiegazione islamica? La nostra religione, l’Islam, non è contro l’educazione; al contrario, incoraggia l’istruzione e la scienza”. Anche il governo del Qatar, che ha fatto da mediatore tra gli Stati Uniti e i Talebani nei negoziati che hanno portato al ritiro delle truppe americane dal paese, ha criticato la decisione. E un invito a ripristinare l’educazione femminile nelle scuole e università è arrivato persino dal ministro degli Esteri dell’Iran, un paese che da mesi reprime brutalmente le proteste delle attiviste contro l’obbligo del velo imposto alle donne.

I Talebani sono divisi?

La situazione drammatica in cui versa il paese – concordano gli esperti – è anche il frutto delle divisioni interne ai Talebani, che talvolta escono allo scoperto. Dopo decenni in cui il gruppo aveva combattuto contro l’esercito afgano e quello statunitense per riconquistare il paese, ora che si trova a governarlo è attraversato da dissidi interni: le principali spaccature sono quelle tra le figure politiche, relativamente pragmatiche, i comandanti sul campo, propugnatori della ‘linea dura’ e i leader religiosi radicali, interpreti fondamentalisti della legge islamica. “Le differenze ideologiche e sui temi sociali sono davvero secondarie”, osserva Michael Semple, ex consigliere dell’Unione Europea e delle Nazioni Unite in Afghanistan, secondo cui le divergenze più gravi sono quelle relative alla divisione dei poteri e dei privilegi. Queste sono le vere divisioni di cui i Talebani si preoccupano”. Ma Sami Yousafzai, un veterano giornalista e commentatore afgano che ha seguito i Talebani sin dalla loro comparsa negli anni ‘90, afferma che la maggior parte delle spaccature all’interno dei Talebani sono solo differenze di opinione e non equivalgono a lotte intestine tra fazioni. “I Talebani prendono molto sul serio la loro unità e coesione – spiega – Se qualcuno lavora o critica dall’interno la linea politica, viene isolato, espulso e persino ucciso”.

Il commento

di Giuliano Battiston, giornalista e ricercatore freelance

“La decisione del 20 dicembre di sospendere a livello nazionale l’accesso alle ragazze nelle università rafforzerà le divisioni interne, oltre ad alimentare il conflitto sociale con la popolazione afghana, un conflitto che mina alle fondamenta la stabilità dell’Emirato. Inoltre, priva i Talebani di quell’ambiguità che, già al tempo del primo Emirato, ha concesso alle varie anime del movimento di trovare accomodamenti diversi con comunità differenti”.

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A cura della redazione di  ISPI Online Publications (Responsabile Daily Focus: Alessia De Luca,  ISPI Advisor for Online Publications.

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