6 Mar 2023

Iran: all’ultimo respiro

Dopo mesi di repressioni, le studentesse iraniane sono vittime di intossicazioni di massa e c’è chi sospetta una ‘vendetta’ del regime per le proteste.

Oltre un migliaio di studentesse iraniane sono state male negli ultimi mesi in seguito a presunte inalazioni di gas tossici, in quella che alcuni sospettano essere un’ondata di attacchi premeditati. Le giovani, decine delle quali sono state ricoverate, presentavano problemi respiratori, nausea, vertigini e svenimenti. Alcune fonti di stampa riportano due decessi, non confermati. Il ministro dell’Interno Ahmad Vahidi, incaricato di far luce sugli episodi, ha smentito la notizia dell’arresto di tre uomini, riportata dal sito dell’agenzia di stampa Fars e accusato i media stranieri di “manipolare” la situazione per “alimentare la psicosi”. Alunni e genitori, tuttavia, denunciano che le studentesse potrebbero essere prese di mira per aver preso parte, ispirato e guidato le proteste antigovernative scatenate dalla morte della studentessa Mahsa Amini, deceduta mentre era in stato di fermo della polizia religiosa lo scorso settembre. Secondo media e attivisti locali, almeno 52 scuole in almeno 16 province del paese – tra cui diverse scuole elementari – sono state interessate dalle intossicazioni di massa. Video verificati da BBC Persian mostrano ambulanze in arrivo nelle scuole e studentesse che fuggono dai dormitori in preda a svenimenti e crisi respiratorie. La maggior parte degli episodi verificatisi dalla fine di novembre ad oggi sono stati segnalati nella città di Qom, a sud della capitale Teheran, seconda città santa del paese e santuario della Repubblica islamica.

Chi ha fiducia nel regime?

La rabbia per i presunti avvelenamenti delle studentesse in Iran ha innescato una nuova ondata di proteste: a Teheransar – periferia ovest della capitale – un video diventato virale sui social mostra un gruppo di ragazze che gridano fuori da una scuola “donna, vita, libertà” – lo slogan principale del movimento di protesta – e “morte al governo che uccide i bambini”. Ad alimentare la collera il fatto che in molti siano convinti che le autorità non indagheranno a dovere sui presunti attacchi, che hanno come target una fascia della popolazione in aperto dissenso con il regime. Eppure l’accaduto sta profondamente scioccando l’opinione pubblica in Iran, dove l’istruzione femminile è ampiamente accettata e non è considerata un argomento controverso. Dal 2011 le donne hanno superato gli uomini nei campus universitari e secondo la Banca mondiale l’alfabetizzazione femminile è passata dal 26% nel 1976, prima della rivoluzione islamica, all’85% nel 2021. Malgrado il rigido controllo dei servizi di sicurezza e la presenza di videocamere in molti istituti, tuttavia, gli autori e le cause dei malori di massa rimangono ancora sconosciuti.

Giornalisti nel mirino?

Dopo aver cercato di sminuire gli incidenti, man mano che gli episodi aumentavano le autorità iraniane sono state costrette a riconoscere il problema. Lunedì scorso, per la prima volta, la guida suprema Ali Khamenei è intervenuta pubblicamente sull’argomento, affermando che se gli incidenti sono stati deliberati, i colpevoli dovrebbero essere condannati a morte per aver commesso un “crimine imperdonabile”. Allo stesso modo, Shahriar Heydari, membro della commissione per la sicurezza del parlamento iraniano, ha chiesto al consiglio di sicurezza del paese di intensificare le indagini su quello che ha definito “un movimento organizzato”, mentre alcuni politici sospettano si tratti di gruppi religiosi estremisti contrari all’istruzione femminile in linea con il pensiero dei Talebani in Afghanistan. Ma se le autorità iraniane mostrano fermezza e volontà di assicurare i responsabili alla giustizia, IranWire riferisce che uomini delle forze di sicurezza starebbero pattugliando i pronto soccorso allo scopo di intimidire le studentesse, arrivando a minacciare le famiglie, in caso richiedano esami per accertare la natura delle intossicazioni. Intanto, il giornalista che per primo ha riferito di questi “misteriosi incidenti”, Ali Portabatabaei, direttore di Qom News, è stato arrestato.

Una vendetta mascherata?

“La risposta del regime a questi attacchi è ambigua, al punto da far pensare che li stia deliberatamente tollerando”: a sostenerlo è lo Institute for the Study of war (ISW) che in collaborazione con Critical Threat denuncia una “escalation” di attacchi coordinati contro le scuole. “Nessuno crede che tutto questo sia una coincidenza” afferma un genitore sotto copertura dell’anonimato intervistato da Bbc. “Quello di cui tutti sono convinti è che questa sia una vendetta sulle ragazze e sulle loro famiglie”. Qualunque sia l’origine delle intossicazioni, l’ondata di incidenti arriva in un momento febbrile per il paese. Se le ultime settimane sono state caratterizzate da un periodo di relativa calma nelle proteste, in seguito alla dura ondata di repressione da parte del governo, gli incidenti nelle scuole femminili hanno suscitato un nuovo senso di indignazione. Per questo, mercoledì 8 marzo – Giornata internazionale della donna – gli attivisti che hanno indetto nuove proteste. “È stata la morte di quelle ragazze di 16 anni che ha dato vigore il movimento all’inizio – spiega un attivista, anonimo per questioni di sicurezza – e oggi, la rabbia per l’avvelenamento delle ragazze potrebbe fare di nuovo la stessa cosa”.

Il commento

Di Pejman Abdolmohammadi, Associate Research Fellow ISPI e Università di Trento

“Ci sono pochi dubbi sul fatto che gli attacchi delle ultime settimane prendano di mira le giovani donne che sono state il ‘motore’ della rivoluzione culturale contro la Repubblica Islamica. Se questi episodi hanno già sollevato l’indignazione dell’opinione pubblica iraniana, la Comunità internazionale appare ancora una volta troppo distratta, mentre in molte città del paese il popolo continua a chiedere riforme strutturali sia a livello sociale che economico”.

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A cura della redazione di  ISPI Online Publications (Responsabile Daily Focus: Alessia De Luca,  ISPI Advisor for Online Publications) 

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